Rondine e i suoi studenti internazionali continuano a rilanciare la campagna attraverso una serie di articoli di opinione su educazione alla pace e Agenda 2030 delle Nazioni Unite: “Leaders for Peace Voices”.
Con l’articolo di Daisy El Hajje pubblichiamo il settimo contributo della rubrica Leaders for Peace Voices.
In occasione della Giornata Internazionale contro i Discorsi d’Odio, Daisy condivide un racconto autentico e coinvolgente su cosa significhi disimparare l’odio, riconoscere l’altro al di là di barriere e stereotipi, e trasformare la propria storia personale in impegno concreto per la pace.
Attraverso la sua esperienza da Rondine fellow e ambasciatrice della campagna Leaders for Peace, Daisy ci accompagna in un percorso di consapevolezza che invita a rompere il ciclo della paura e dell’odio, ogni giorno, con gesti, parole e relazioni.
È facile cadere nel ciclo dell’odio, odiare il cosiddetto “nemico” e seguire le orme di chi ci ha fatto credere che quella persona – proprio accanto a noi – sia il nostro nemico. Questo odio prende forma in tanti modi: discorsi carichi d’odio, post discriminatori, affermazioni provocatorie. Crescendo e costruendo le nostre opinioni, lasciamo comunque spazio all’idea del nemico. È semplicemente più facile così: non mettere in discussione ciò che ci è stato insegnato e permettere a quell’odio di radicarsi sempre più. Purtroppo, questo odio spesso si trasforma in paura. Il nemico ha un nome, una religione, un colore della pelle o una nazionalità. Non ci chiediamo perché o come questa persona sia diventata “nemica”. Iniziamo a temere il nemico, ciò che rappresenta, le sue intenzioni e perfino l’idea stessa di coesistenza.
Ma prima di perdere la speranza, pensiamo a come possiamo decostruire queste narrazioni, a come possiamo riprendere il controllo dei nostri pensieri, abbattere le barriere – anche solo virtuali – tra noi e il nostro nemico, disimparare anni e anni di odio. Come possiamo vedere l’essere umano dietro al nemico.
Avevo 22 anni quando ho avuto l’opportunità di entrare a Rondine, provenendo da un Paese segnato da guerre senza fine e da un numero crescente di “nemici percepiti” accumulatisi negli anni. La soluzione è molto più semplice di quanto ci venga fatto credere. Abbiamo molto in comune con l’essere umano che sta dietro al nostro nemico: entrambi abbiamo speranze, sogni, passioni e idee per un futuro migliore. Non siamo una generazione che vuole la guerra; siamo solo un’altra generazione che ha vissuto sulla propria pelle la miseria che le guerre hanno inflitto a noi, alle nostre famiglie, ai nostri Paesi. Quando vedo l’essere umano, abbatto la barriera. Decostruisco l’immagine del nemico e vedo oltre ciò che mi è stato insegnato.
Il mio percorso come fellow di Rondine si è concluso, ma ogni giorno metto in pratica ciò che ho imparato. È nostro dovere combattere il discorso d’odio ogni volta che ne abbiamo l’opportunità. È nostro dovere tradurre in azione gli insegnamenti del nostro cammino. Con guerre ancora in corso e forme di odio sempre nuove, non possiamo restare a guardare in silenzio. Rondine esiste su una collina in Toscana, ma i suoi insegnamenti vivono in ognuno di noi. Viaggiando, lavorando, incontrando persone, diffondiamo il messaggio di pace di Rondine. Essere ambasciatrice della campagna “Leaders for Peace” mi ha spinta a credere profondamente nel potere dell’educazione per trasformare la leadership globale del futuro e costruire nuove basi per comunicazione e connessione tra le persone più diverse. Tra questi esseri umani così diversi.
Oggi, nella Giornata Internazionale per il Contrasto al Discorso d’Odio, riconosciamo i timidi sforzi della comunità internazionale per contrastare questa epidemia, ma chiediamo di più. Più impegno per insegnare la tolleranza, l’accettazione, la bellezza della diversità e le infinite possibilità di apprendimento e crescita che nascono proprio dalle differenze. Maggiore consapevolezza sui pericoli della diffusione dell’odio e sull’uso strumentale dei media come luogo per incitare alla violenza invece che alla pace.
Siamo un’altra generazione che ha sofferto per le conseguenze della guerra, viviamo nel timore che possa tornare… ma guarda: il ciclo di paura e odio finisce qui. Con noi.
Daisy El Hajje:
Daisy El Hajje è una giovane libanese del programma Rondine “Mediterranean Frontier of Peace, Education and Reconciliation (MED)” (2020–2022). Ha conseguito una laurea in giurisprudenza, un Master in Gestione dei Conflitti e Azione Umanitaria e un Master in Diritto Internazionale e Compliance. È stata responsabile della rete degli alumni del programma Rondine MED e ha partecipato a numerosi scambi culturali e azioni di advocacy. Attualmente lavora per un’organizzazione ambientale negli Emirati Arabi Uniti, dove la sua passione per l’attivismo continua a crescere.