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DONNE, PACE E SICUREZZA: UNA LOTTA CONTRO IL SILENZIO

Rondine e i suoi studenti internazionali continuano a rilanciare la campagna attraverso una serie di articoli di opinione su educazione alla pace e Agenda 2030 delle Nazioni Unite: “Leaders for Peace Voices”.

Il quinto articolo della serie ospita il contributo di Adelina, attivista femminista, giornalista e performer del Kosovo, che riflette sul ruolo essenziale delle donne nei processi di pace e sulla minaccia rappresentata dai movimenti regressivi che ne ostacolano la partecipazione. Adelina unisce ricerca, politica e arte per promuovere uguaglianza di genere, giustizia sociale e diritti umani, sfidando l’oppressione e creando spazi di dialogo.

 

Mentre il mondo regredisce nel definire la pace come la semplice assenza di bombe, è tempo di prenderla sul serio. Questa nozione astratta e decontestualizzata di pace ci è costata nemici generazionali e una mancanza di armonia. E in questa costruzione imperfetta, le donne continuano a essere sistematicamente emarginate—non dalla guerra, in cui soffrono in modo sproporzionato, né dalle sue conseguenze, che sopportano in silenzio, ma dai processi stessi destinati a costruire e sostenere la pace. Inoltre la crescita di movimenti contrari, che si oppongono ai diritti delle donne aggrava ulteriormente questa esclusione, cercando di cancellare i progressi duramente conquistati dalle donne nella presa di decisioni e nella risoluzione dei conflitti.

L’Agenda Donne, Pace e Sicurezza (WPS), formalizzata per la prima volta con la Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 2000, doveva cambiare questa realtà. Riconosceva che le donne non sono solo vittime della guerra, ma potenti agenti di pace. Chiedeva la loro partecipazione piena, paritaria e significativa in tutti gli sforzi per prevenire e risolvere i conflitti. Eppure, venticinque anni dopo, i progressi rimangono dolorosamente lenti. Le donne continuano a essere sottorappresentate nei negoziati di pace, e la loro leadership nella risoluzione dei conflitti è spesso relegata a un ruolo secondario o simbolico. Nel frattempo, gli Stati continuano a trattare gli impegni dell’Agenda WPS come facoltativi, anziché fondamentali per la sicurezza globale.

Oggi ci troviamo a un bivio pericoloso. La reazione contro i diritti di genere non è solo una questione di politica sociale, ma un attacco diretto alla pace stessa. Questi movimenti, spesso mascherati da una retorica che strumentalizza la difesa dei “valori tradizionali”, mina sistematicamente il ruolo delle donne nei processi di pace, rafforzando strutture patriarcali che perpetuano violenza ed esclusione. In molti Paesi, le attiviste dei diritti delle donne vengono prese di mira, e i movimenti femministi vengono etichettati come minacce alla sicurezza nazionale. In questo clima, dobbiamo chiederci: può esserci pace se metà della popolazione viene silenziata?

Le prove sono chiare. Gli accordi di pace hanno il 35% di probabilità in più di durare almeno 15 anni quando le donne sono coinvolte. Una sicurezza inclusiva non è un favore alle donne; è una necessità per una pace sostenibile. E mentre siamo qui a giocare con numeri e percentuali per dimostrare che il nostro posto al tavolo deve essere sempre garantito, gli Stati continuano a sottofinanziare e a declassare l’Agenda WPS, trattandola come una questione marginale piuttosto che come una strategia centrale per la sicurezza. Le parole di impegno abbondano, ma le azioni restano scarse.

La campagna Leaders for Peace, lanciata dai giovani ambasciatori di pace di Rondine, chiede agli Stati di cambiare rotta—prima che sia troppo tardi. Esortiamo i leader mondiali non solo a riaffermare il loro impegno verso l’Agenda WPS, ma a destinare risorse concrete per la sua attuazione. Investire nella leadership femminile, garantire la sicurezza delle donne nei processi di pace e smantellare le barriere imposte dai sistemi patriarcali non è una posizione ideologica: è una necessità per la trasformazione dei conflitti e la stabilità globale.

A Rondine, non aspettiamo il permesso per partecipare alla costruzione della pace. Qui, sfidiamo le narrazioni, trasformiamo i conflitti e rivendichiamo il nostro ruolo nella costruzione di un futuro migliore. Sappiamo che la pace non è uno stato passivo, ma una lotta attiva e continua contro l’ingiustizia. E in questa lotta, le donne non saranno messe da parte.

È tempo di riconoscere che la pace senza giustizia di genere non è affatto pace. La scelta è chiara: o costruiamo un futuro in cui tutte le voci contano, oppure continuiamo lungo un percorso di esclusione e conflitti in aumento. Il mondo non può permetterselo.

Ora più che mai, dobbiamo resistere alle forze che cercano di cancellarci. Dobbiamo pretendere una pace giusta, inclusiva e duratura. Perché senza le donne, non c’è pace.

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Adelina Tërshani

Adelina Tërshani è un’attivista femminista, giornalista e performer originaria del Kosovo, impegnata nella trasformazione delle narrazioni sull’uguaglianza di genere, la giustizia sociale e i diritti umani. Ha aderito al World House Fellowship Program nel 2023. Attraverso la ricerca, il lavoro politico e l’espressione artistica, crea connessioni tra advocacy, attivismo e narrazione per sfidare l’oppressione e creare spazi di dialogo. Il suo lavoro spazia dai report politici alle conferenze internazionali, fino ai palcoscenici della poesia, dove le parole diventano sia resistenza che guarigione.

 

 

 

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